Terra Santa: il senso del pellegrinaggio
PELLEGRINAGGIO: Il suo significato e dell'essere pellegrini
Innanzitutto dal termine: etimologicamente peregrinus indica colui che attraversa i campi o le frontiere. Il termine proviene dal latino: da per + ager (i campi).
Con il termine pellegrinaggio si indica quindi un particolare tipo di viaggio: un andare verso una meta anche attraverso percorsi prestabiliti ma riuscendo anche a far memoria degli eventi e farli propri. Il tempo dedicato al pellegrinaggio è un tempo che ci si ritaglia dal quotidiano ordinario della propria vita per dedicarsi ad un obiettivo diverso, coniugando desiderio di preghiera ed intelletto, assaporando la bellezza del creato e l'opera della manualità dell'uomo.
Il pellegrinaggio ha assunto nella storia dell'uomo varie forme, che nel tempo si sono fuse tra loro. Dal primo pellegrino Abramo in cammino verso una "meta promessa", fino ai giorni nostri, ritroviamo pellegrinaggi di tipo devozionale rientranti in un processo di conversione e di tipo penitenziale intrapresi per associare una dura condanna ad una colpa grave.
Il popolo ebraico, da sempre pellegrino, ha visto cambiare nel tempo mete e modo di fare pellegrinaggio a causa degli sviluppi della sua storia. La prima meta la possiamo identificare nella stessa terra promessa e successivamente nei luoghi delle teofanie del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe e infine nel Tempio di Dio, centro di culto per eccellenza fino al 70 d.C., data della distruzione romana e dell'inizio della diaspora degli ebrei. Oggi la meta principale è ciò che resta del Tempio, il cosidetto "muro del pianto".
Gli stessi mussulmani fanno risalire le origini dei loro pellegrinaggi al profeta Abramo (Ibrahim) assieme al figlio Ismaele, come è citato nel Corano. Oggi è la Mecca (o Medina), la meta principe dei loro pellegrinaggi: è obbligo per ogni mussulmano adulto che se lo può permettere, economicamente e/o a livello di salute, compierlo almeno una volta. Fino al XIX secolo raggiungere la Mecca voleva dire aggregarsi ad una delle tre principali carovane: l'irachena che partiva da Bagdad, l'egiziana dal Cairo e la Siriana da Damasco.
Anche gli induisti hanno i loro pellegrinaggi: la meta per loro è il fiume Gange e raggiungere le sue sorgenti dell'Himalaia percorrendo oltre 100 km attraverso le città sante bagnate dal fiume.
Il cristianesimo ha una sua peculiare interpretazione del pellegrinaggio: è legato, in primo luogo, a "un santuario". Come esprime il termine stesso, è uno spazio sacro delimitato che lo rende diverso da ogni altro luogo. La Terra giustamente chiamata «Santa» per aver accolto in sé il mistero del farsi uomo da parte di Dio.
Anche gli altri luoghi, permettono di cogliere l'esperienza di fede che viene vissuta, ognuno per la sua parte e per il significato peculiare che possiede. Roma, Assisi, Santiago de Compostela, Lourdes, Fátima, Guadalupe, Efeso, la recente Medjugorie: tutti luoghi che indicano una particolare esperienza di fede che può e deve essere comunicata e vissuta.
La peculiarità del pellegrinaggio cristiano, coinvolge la natura della stessa fede che si inserisce nelle culture. Fin dai documenti più antichi emerge un senso per il pellegrinaggio che si mescola con la curiosità per i luoghi, le usanze e i linguaggi dei popoli incontrati. Insomma, una ricchezza di conoscenze che costituiscono un vero patrimonio di cultura.
Queste le parole di papa Giovanni Paolo II in merito ai pellegrinaggi e all'essere pellegrini:
"I pellegrinaggi sono una costante nella storia delle religioni. Anche il cristianesimo ha fatto propria questa pratica rispondente al bisogno di trovare uno spazio religioso là dove il divino si è manifestato.
Ogni pellegrinaggio è un memoriale del mistero dell'Incarnazione e della Redenzione. E se molti santuari furono dedicati a Maria, è perché l'umile Vergine di Nazaret ha generato, per opera dello Spirito Santo, lo stesso Figlio di Dio, Salvatore universale; e perché il suo ruolo è sempre quello di presentare, alle generazioni che si succedono, il Cristo "ricco di misericordia".
Nel nostro tempo, tentato in diversi modi dalla secolarizzazione, occorre che "gli alti luoghi dello spirito", costruiti lungo i secoli e spesso per iniziativa dei santi, continuino a parlare alla mente e al cuore di tutti, credenti e non credenti, perché tutti risentono dell'asfissia di una società chiusa in se stessa e talvolta disperata.
E' forse un sogno augurarci ardentemente che i santuari diventino o ridiventino altrettante case di famiglia, dove ciascuno di quelli che vi passano o vi restano possa trovare il senso della propria esistenza e il gusto della vita, dopo avervi in qualche modo sperimentato la presenza e l'amore di Dio?
La vocazione tradizionale e sempre attuale di ogni santuario è quella di essere come un'antenna permanente della Buona Novella della salvezza.
Tutti siamo in cammino per le vie del mondo verso la nostra ultima destinazione, che è la Patria celeste. Quaggiù siamo solo di passaggio. Per questa ragione nulla può il senso profondo della nostra vita terrena, lo stimolo a viverla come una breve fase di sperimentazione e insieme di arricchimento, quanto l'atteggiamento interiore di sentirci pellegrini.
I santuari sono come le pietre miliari poste a segnare i tempi del nostro itinerario sulla terra: essi consentono una pausa di ristoro nel viaggio, per ridarci la gioia e la sicurezza del cammino, insieme con la forza di andare avanti, come le oasi nel deserto, nate ad offrire acqua e ombra."