I nostri piedi si fermano alle tue porte: Porta dei Leoni o di Santo Stefano
29 agosto 2021
La Porta dei Leoni è una delle otto porte del centro storico di Gerusalemme. Si trova a nord-est verso la valle del Cedron o di Giosafat. Nel corso della storia ha avuto molteplici nomi. Solimano usava chiamarla Bab al-Ghor "porta della valle del Giordano", ma questo nome non ha mai acquisito popolarità. L’origine del suo nome deriva dalle quattro immagini di pantere intagliate sopra la stessa porta e spesso scambiate per leoni, due a destra e due a sinistra. Furono fatte intagliare dal sultano Solimano il Magnifico nel 1538 per celebrare la vittoria ottomana sui mamelucchi nel 1517, i quali cacciarono definitivamente i crociati dalla terra santa nel XIII secolo sotto il comando del sultano Baybars (1260-77) il cui simbolo araldico rappresenta proprio una pantera. La leggenda, invece, narra che
il predecessore di Solimano, Selim I, sognò dei leoni che si sarebbero cibati delle sue carni poiché aveva espresso il desiderio di distruggere la città e che sarebbe stato risparmiato solo nel caso in cui avesse rinunciato ai suoi piani e costruito delle mura a protezione di Gerusalemme.
Comunemente questa porta si chiama anche "di Santo Stefano", il primo martire lapidato nei pressi di questa porta e ricordato da San Luca negli Atti degli Apostoli: “lo trascinarono fuori dalla porta della città, e si misero a lapidarlo” (Atti 7.57 e segg.).
Questa porta è la via più diretta per arrivare verso est alla tomba di Maria e quindi in arabo è chiamata anche "Marientor", e volgendosi a ovest, a soli 74 metri, si arriva alla vicina chiesa di santa Anna, luogo dove la tradizione ricorda la casa paterna della Madonna, e i musulmani la chiamano anche Báb Sittna Maryam (porta delle Signora Maria). La porta non esisteva ai tempi di Gesù, ma nelle sue vicinanze si trovava la porta Probatica, nel pungo più alto della città dalla quale potevano entrare comodamente le pecore o gli agnelli per essere poi purificati al grande serbatoio d’acqua chiamato “piscina probatica” (in arabo Béth-esda e in greco probatiké) detta anche di “Betesda” della misericordia. Era un luogo di purificazione anche per i tanti pellegrini ammalati che attendevano la discesa dell’angelo per immergersi e ottenere la guarigione. Ricordiamo la guarigione del paralitico ammalato da trentotto anni perché non aveva nessuno che lo immergesse quando l’acqua veniva agitata dall’angelo. ( Gv 5,4)
Ma per i cristiani questa porta simboleggia l’inizio della Via Dolorosa, che, secondo la tradizione, corrisponde al percorso lungo il quale Gesù, portando la croce, fu condotto al luogo della sua crocifissione. In verità la Via Dolorosa inizia a soli 260 metri dalla porta di Santo Stefano e precisamente dal Convento della Flagellazione, vicino al lato settentrionale della Spianata delle moschee (l'antico Tempio di Gerusalemme) e al luogo in cui sorgeva anticamente la Torre Antonia, dove Gesù fu giudicato e condannato a morte da Ponzio Pilato. Con un percorso, per la gran parte in salita, di poco meno di un chilometro in direzione ovest si raggiunge la Basilica del Santo Sepolcro, che ingloba il Calvario e il sepolcro di Gesù.
Il vero inizio della Via Crucis, che tradizionalmente i padri francescani dal 1880 perpetuano ogni venerdì alle ore 15 con i pellegrini, inizia dal cortile della scuola musulmana al-Omariyya che si trova di fronte al convento della Flagellazione. In questo convento vi si trova la sede dello Studio Biblico Francescano, Facoltà di Scienze Bibliche e Archeologia della Pontificia Università Antoniamum di Roma. Nel cortile del convento, a destra dell’entrata, vi troviamo la cappella della flagellazione, sorta nel Medioevo a ricordo della flagellazione di Gesù. Questo ambiente, sacro ai Cristiani, fu trasformato in seguito dai Musulmani in una stalla e poi in una bottega per tessitori. Rimasta in uno stato di abbandono per molto tempo, nel 1936 fu donata ai francescani da Ibrahim Pascià e restaurata per aprirla al culto. A pochi passi, sul lato sinistro dell’entrata, si trova la cappella della Condanna, fatta costruire dai Francescani agli inizi del 1900 mantenendo inalterato il progetto della precedente chiesetta bizantina. Sul pavimento di questa cappella vi sono alcune pietre del Litostrotos di cui parla Giovanni nel suo vangelo al capitolo 19,13. “Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà.
Nel 2016 è stato inaugurato il nuovo museo e ancora in fase di ampliamento. Offre al pellegrino un viaggio multimediale nel tempo, dalla condanna di Gesù seguendo la Via Dolorosa, con documenti e reperti archeologici di estremo valore.
Proseguendo verso ovest si incontrerà l’arco dell’Ecce Homo che ricorda il passo evangelico della presentazione di Gesù alla folla da parte di Pilato, dopo la flagellazione: “Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro; Ecco l’uomo!” (Gv 19,5). In realtà è la parte visibile dell’Arco di Trionfo fatto costruire dall’imperatore Adriano come porta di accesso alla città di Aelia Capitolina nel 135 e facilmente riconoscibile entrando nella cappella del convento di Nostra Signora di Sion che custodisce la sala dei plastici, che riproducono la struttura della fortezza Antonia al tempo di Gesù e una scala che conduce al sottostante Litostroto.
Proseguendo la Via Dolorosa si incontrano varie cappelle che ricordano e fanno rivivere il cammino di passione di Gesù caricato della santa Croce. La pia pratica della Via Crucis trova le sue origini nei racconti stessi del vangelo, ma non solo. Alcune stazioni sono state inserite dalla pietà popolare come il numero delle cadute di Gesù e l’incontro con la Veronica. Il più noto propagatore di questa pratica fu il padre francescano San Leonardo da Porto Maurizio. Di lui si dice che solo in Italia abbia eretto 572 via Crucis e la più famosa è quella del Colosseo a Roma, eretta dal papa Benedetto XV.
E alla fine di questo percorso, con stupore il pellegrino si troverà all’interno del Santo Sepolcro nel quale potrà partecipare alla processione giornaliera dei padri Francescani per cantare la Risurrezione del nostro Signore Gesù Cristo.